Intervista esclusiva a Sergio Cammariere

Intervista esclusiva a Sergio Cammariere

Intervista esclusiva a Sergio Cammariere

La fortuna di poter intervistare uno dei tuoi Artisti preferiti non capita tutti i giorni. Il mio incontro con Sergio è avvenuto tanti anni fa, e più che con lui, è avvenuto con la sua parte più intima condivisa: la musica. Quando incontri i suoi brani è come se il tempo rallentasse: ho come l’impressione di fermarmi, sedermi sulla riva di un fiume e chiudendo gli occhi, la mia anima viaggia.
In questo ultimo album intitolato “Sergio Cammariere” viaggiare con la mente non è poi così difficile: i diversi ritmi presenti ti portano dal nord della Norvegia, al Marocco fino a qualche parte sperduta di Cuba. Parole, musica e magia: questo è il cocktail che un Artista come Cammariere può offrire a chi lo incontra. Parlando di canzoni mi dice:”Una volta incisa, diventa di tutti, non ci appartiene più, si fa quasi patrimonio collettivo”. Un atto di generosità che gli Artisti con la sua sensibilità condividono: vivono un’emozione, la raccontano e fanno si che quest’emozione sia di tutti, generando in noi ascoltatori a nostra volta nuovi battiti che fanno si che le canzoni possano essere custodi della nostro vita. Sergio Cammariere è in tour: potrete ascoltarlo il 14 aprile a Padova, il 16 aprile a Verona al Teatro Filarmonico e a Napoli il 23 aprile al Teatro Bellini.

La tua musica ipnotizza: ci sveli qual’è il segreto e come nasce una tua canzone?
Ho iniziato a suonare negli anni ’70 e la mia gavetta è durata molti anni, ogni risultato raggiunto è stato ed è una spinta ad andare sempre avanti. Forse c’è uno spazio misterioso in me che attraverso la musica si svela completamente. La musica è libertà e per me raggiunge il suo culmine non nell’atto della composizione ma nel momento del concerto, quando posso condividerla con i miei musicisti e con il pubblico.
– Durante i tuoi concerti non mancano mai i brani strumentali. Il coraggio di metterli in un cd, non è da tutti. Troviamo infatti nel tuo ultimo lavoro Thomas e Essaouira. Come sono nati?
Thomas è un caro amico che vive in Norvegia. Volevo rendere omaggio con la mia musica ad una terra del Nord che trovo civilissima ed esemplare per tante ragioni. Mi ha molto colpito come ha reagito ad un evento drammatico e umanamente incomprensibile come la strage all’Isola di Utoya. Quasi con compostezza. Al male ed al sangue versato, tutto un popolo ha risposto con più forte umanità e grande senso democratico. Ricordo i volti di quei ragazzi, della gente, che scorrevano sullo schermo e che di fronte a quella tragedia, avevano tanta dignità e civiltà nello sguardo. La Norvegia è anche terra di importanti riferimenti culturali, patria di musicisti classici come Edvard Grieg. Penso anche a Henrik Ibsen, considerato il padre del Teatro moderno, o all’originalissimo pittore Munch noto per l’opera “L’urlo”. Anche molto jazz improvvisato europeo ha punti di riferimento proprio in Norvegia, con Jan Garbarek, Karin Krog, Terie RypdalŠ E’ una terra che mi trasmette emozioni intense, qualcosa di imponderabile che ho cercato di trasformare in musica. Infatti questo pezzo ha un dna minimalista ma un afflato universale. “Essaouira” è il ricordo di un viaggio in Marocco. Questa città mi ha incantato per il suo fascino architettonico, per l’immensità evocativa dell’ Oceano Atlantico, per i suoi colori, i profumi, il suo calore e la sua atmosfera. E’ un luogo dove convivono etnie e religioni diverse; tanti artisti della controcultura occidentale l’hanno frequentata, l’hanno scelta, soprattutto dopo la metà degli anni 60, come luogo di musica, luogo di pace e d¹ispirazione…Jimi Hendrix, Frank Zappa, Bob Marley. Ogni anno a giugno c’è il Festival di musica Gnaoua , a cui partecipano musicisti da tutto il mondo, alla scoperta di sonorità esotiche. Ho voluto offrire il mio personale omaggio a questa bellissima città, tanto antica e ricca di richiami, con un brano che ha profumo e danza di oceano, le calde suggestioni del luogo ma anche le emozioni che ha suscitato in me. Credo che ogni esperienza contribuisca ad arricchire il nostro patrimonio interiore e per un musicista questo è di importanza fondamentale.
Nel tuo disco c’è anche la collaborazione con Greg Calbi.
Coinvolgere Greg Calbi per il mastering dell’album è stata una decisione presa con Eugenio Vatta, mio collaboratore dal 2001. Insieme abbiamo prodotto gli album e le colonne sonore usciti negli ultimi anni. Per avere un suono definitivo, più coinvolgente.. Abbiamo scelto Greg, che è un maestro del suono.
Cosa richiede oggi il mercato discografico in Italia?
Negli ultimi anni il mercato musicale ha subìto trasformazioni radicali, la musica si scarica molto da internet ed è chiaro che il settore discografico è andato in crisi. Si acquistano sempre meno dischi, soprattutto nelle fasce giovanili. Il mio album, è stato prodotto anche in vinile, proprio per incentivare gli appassionati. Le case discografiche dovrebbero forse intuire una nuova filosofia di marketing e produzione che possa in qualche modo rivoluzionare tutto. Forse se si facesse come una volta, quando all’interno della case discografiche c’era anche lo studio di registrazione e gli artisti giovani venivano costantemente seguiti e fatti crescere, potrebbe essere una nuova via.
E’ dura mantenere una propria individualità?
Essere un musicista conosciuto non ha cambiato il mio modo di essere. La musica continua ad essere la cosa più importante della mia vita e il pianoforte lo strumento attraverso il quale mi esprimo.
Il tuo album sembra abbracciare un mix di culture: dal samba al blues, dal Jazz al prog.
E’ la perfetta sintesi delle mie vicende musicali, un concentrato di me con tutta l’esperienza finora accumulata. E’ un compendio delle mie conoscenze, delle mie emozioni che ha un filo conduttore, quello del sogno, dell’immaginario, del vissuto interiore. C’è la musica su cui mi sono formato, che ho ascoltato, suonato e amato.
Continua la tua collaborazione con Kunstler. Nel tuo ultimo album quale è la canzone a cui sei più affezionato?
Con Roberto ci conosciamo da tanti anni. Lui ha sempre “camminato” tra le parole, io nella musica. Ogni canzone, è condivisa prima di diventare definitiva. Quando nasce una canzone è come una specie di “parto artistico”, la curo come un figlio. Una volta incisa, diventa di tutti, non ci appartiene più, si fa quasi patrimonio collettivo. La musica è fatta per volare, andare oltre. Le canzoni si amano come fossero davvero parte di noi. Io sono legato a tutte le canzoni dei miei album, impossibile non esserlo, comprese quelle scritte con Pasquale Panella, Samuele Bersani, e per l’ultimo album con Sergio Secondiano Sacchi e Giulio Casale.
Una lunga gavetta: oggi in che cosa è diverso Sergio Cammariere rispetto ai suoi esordi?
Quando ero adolescente sognavo di partire dalla mia terra per dedicarmi completamente alla musica. Sono ancora in viaggio e continuo a sognare.
Un messaggio a tutti i ragazzi che si approcciano alla musica.
Non arrendetevi mai, le possibilità di vivere di musica sono infinite. Suonare fa bene allo spirito, al cuore e all’anima, da soli, in pubblico, non c’è differenza. L’importante è essere sempre sinceri, credere in se stessi e nella forza comunicativa della musica con coraggio, determinazione e umiltà.

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