Il linguaggio del web e nei media: quella voglia spasmodica di negatività

Il linguaggio del web e nei media: quella voglia spasmodica di negatività

Il linguaggio del web e nei media: quella voglia spasmodica di negatività

 

silenzio

Prendete dieci bacheche a caso di Facebook o dieci profili Twitter: analizzate i messaggi del titolare dell’account. Nella maggior parte dei casi vi renderete conto di quanta pesantezza nel linguaggio c’è. Da chi fa trasparire il mal di vivere, da chi critica solo per il piacere di dire la sua, a chi cerca di essere irriverente e quindi “social-figo”. Poi la contraddizione: tutti quei bei aforismi su un mondo migliore, la bellezza della poesia, pillole di vita. Una proiezione.

In questi giorni si discute spesso di etiquette e di limiti della rete, ai quali sono favorevole. Perchè nella vita di tutti i giorni ci sono delle regole da rispettare di buon senso e nel web non ci devono essere? Se in strada insultiamo, possiamo essere denunciati, perchè sul web no? Purtroppo i media negli ultimi anni ci hanno educato ad un linguaggio aggressivo: si urla per prevalere, le parole sono pesanti per sottolineare concetti, non c’è costruzione di dialogo e capacità di ragionarci su pur mantenendo le proprie idee. Nei talk show televisivi non c’è orario in cui non si urla.

Il problema di fondo non è la troppa libertà, è la mancanza di educazione e la poca voglia di confrontarsi, di crescere. La non capacità di sfruttare ciò che realmente il web offre: il confronto, l’informazione rapida etc..

Leggo insulti perpetui a personaggi, alle volte anche discutibili; quasi una forma di ossessione alle volte. E’ un modo per vivere di luce riflessa? Sicuramente. L’azione più semplice? Defolloware. C’è questa grande fortuna, che nella vita reale spesso non esiste, mentre nel web si: se una persona ci trasmette negatività, non ci piace, la si blocca. Invece c’è chi continua ad insultare, quasi come fosse un suo diritto. Per esprimere lo stesso concetto le strade sono molte, che ci si guadagna all’essere ossessivamente negativi?

Alle volte non ci si mette nei panni della vittima: questa forma di bullismo nella storia ha ucciso tante persone fragili, persone che si sono ricamate addosso quel vestito di cattiverie e non sono più riusciute a spogliarsene. Una su tutte Mia Martini, uccisa dalla sua debolezza e dalla calunnia. Per non parlare di vittime meno note come Amanda Todd,15 anni, uccisa perchè delle sue immagini private decorate da commenti giravano nella rete, Aaron Dugmore, 9 anni appena, suicidato nella sua cameretta perchè a scuola era vittima di bullismo,Tim Ribberink, 20 anni, vessato perchè omosessuale e la lista sarebbe ancora lunga.

Ogni 8 ore un ragazzino , 53% femmine, 47% maschi, muore suicida a seguito di vessazioni ripetute e atti di bullismo, nella fascia di età fra gli 11 ed i 15 anni .Lo affermano in una nota congiunta il giornalista Mario Campanella, Presidente di Peter Pan Onlus, e la professoressa Donatella Marazziti, docente di psichiatria all’Università degli Studi di Pisa.

Le parole sono importanti: impariamo a comunicare. Nella media society questo è fondamentale, e non è una questione di libertà, ma semplicemente di coscienza, quella che alle volte, non abbiamo.

Foto: campagna contro il razzismo (Pink Verona)

 

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